Social Media Marketing: l’ABC per le aziende

Ad un convegno, come è stato il #SMMdayIT, il Social Media Marketing Day, solitamente ci si aspetta di sentire parlare di nuovi trend, di nuove tecnologie per poter soddisfare meglio le richieste del mercato e raggiungere i propri obiettivi di business.

E se invece le aziende iniziassero ad utilizzare realmente le informazioni che sono già a nostra disposizione, riorganizzandole e applicandole in modo strategico, seguendo un progetto architettonico strutturato e prendendo esempio dai case study presentati al #SMMdayIT, cosa ne risulterebbe?

Sicuramente una comunicazione più efficace, che consentirebbe loro di entrare direttamente in contatto con il loro pubblico, di trasmettere il loro messaggio utilizzando lo stesso linguaggio e la stessa terminologia di cui si avvale l’audience.

Rivediamo, dunque, insieme alcuni capisaldi emersi durante il convegno, che sono l’ABC per le aziende, elementi indispensabili per definire strategicamente un piano di Social Media Marketing.

 

“King” vs “King Kong” … ma vincono le Persone

 

“Content is the King”

e

“Distribution is King Kong”

ma sia il Re che King Kong non esisterebbero se non ci fosse un pubblico disposto ad ascoltare la loro storia, aggiungerei io: una storia o un contenuto in genere, per quanto autorevole, creativo e diffuso capillarmente attraverso diversi canali possa essere non è nulla se non viene ascoltato, letto o guardato da qualcuno.

“No story lives unless someone wants to listen” (J.K. Rowling)

E così la comunicazione deve avere come chiave di volta la persona, quella cellula primordiale che, in forma aggregata, può assumere il nome, ad esempio, di community, pubblico, clienti, ma anche aziende: non masse amorfe, ma gruppi composti da singole persone con ognuna delle quali occorre entrare in empatia, aprire un flusso di comunicazione bidirezionale.

Si tratta di un pubblico sempre più esigente, sempre più propenso ad ascoltare il web, le proprie cerchie di amici prima di prendere una qualsiasi decisione. Un pubblico che tende a consultare e a credere più alle opinioni espresse online dai propri amici, che ai messaggi istituzionali dei brand, persone che, nella piazza del web, si stringono in community attorno ad uno specifico interesse e interagiscono tra loro, si confrontano, chiacchierano, come facevano i nostri antenati intorno al fuoco.

E le aziende devono mettersi in ascolto del loro pubblico, conoscerlo e capire quali siano i suoi problemi, come poterlo aiutare a risolverli tramite i propri prodotti e i servizi offerti, comprendere per cosa l’audience si emoziona, quali siano i punti di contatto, i canali utilizzati in modo  preferenziale, il processo d’acquisto seguito e le leve motivazionali che li inducono ad acquistare.
Tutte informazioni di importanza vitale nella costruzione di un piano di Social Media Marketing.

SEOciologist_-_Nuovi_stress_#SMMdayIT

 

Content marketing e Brand personali

Se le persone diventano il punto focale del disegno di comunicazione, i brand non possono fare altro che proporre dei contenuti partendo da questa prospettiva del proprio pubblico: contenuti di interesse delle persone a cui ci si rivolge, contenuti in grado di apportare all’audience del valore aggiunto, contenuti caratterizzati da autorevolezza, credibilità, creatività, capaci di coinvolgere ed emozionare i potenziali clienti, in modo da far vivere loro delle esperienze uniche.
E per un’azienda il proprio pubblico (sia interno, ossia i dipendenti, che esterno) diventa ambassador stesso del brand, in quanto inizia a raccontare l’azienda attraverso i propri occhi, in base all’esperienza che ha avuto del brand, del gradimento dei prodotti e/o servizi. Compito dell’azienda stessa, dunque, è fare in modo che le persone con le quali interagisce, attraverso qualunque canale, online e offline, vivano un’esperienza appagante, così da parlarne positivamente online ed evitando l’effetto distorsivo della rete, ossia la condivisione dei commenti negativi di 7 volte viralmente superiore rispetto a quelli positivi.

Le persone stesse, oltre a divenire ambassador dei brand, si trasformano, spesso in modo inconsapevole, in brand personali: i commenti lasciati sui social media, i contenuti prodotti e pubblicati contribuiscono a creare una reputazione online, un racconto di sé unico: lasciano dietro sé quello che Ze Frank definisce “retrogusto emozionale”, ossia un sentore di personalità, valori, emozioni, competenze, che contribuiscono a creare la propria immagine online, dando visibilità, emergendo tra la folla e individuando una rete di conoscenze delle quali si conquista la fiducia, se ne diventa influencer magari (innegabile è la capacità della social proof utilizzata nei siti web istituzionali per guadagnarsi la fiducia dei visitatori), e con le quali si condividono interessi comuni.

SEOciologist_-_Brand_personale_#SMMSdayIT

Ma cosa fare le aziende per conquistarsi la fiducia di influencer e ambassador in modo che diffondano la parola tra queste community, e mantenendo un equilibrio tra gli obiettivi di comunicazione aziendale e gli interessi delle community?
Ascoltando il proprio pubblico. Costruendo un racconto che tenga conto sia degli obiettivi aziendali, che delle esigenze della community, che utilizzi un linguaggio appropriato per il pubblico di riferimento e adattando il messaggio alle diverse piattaforme. Rispetto, lealtà, fiducia online: sono delle peculiarità che si devono conquistare attraverso comportamenti coerenti con la comunicazione che si vuole dare e attraverso contenuti veicolati mediante i medesimi canali utilizzati dal pubblico.

Distribuzione cross-mediale dei contenuti

La presenza in rete è ormai un requisito indispensabile: anche ai piccoli commercianti è ormai richiesta la presenza online, anche semplicemente per essere trovati, affinché ci sia un’integrazione tra mondo offline e online. Le persone, infatti, prima cercano sui social e poi decidono se incontrare l’azienda, se darle fiducia e convertire: sono loro che ora cercano i brand e i prodotti o servizi di cui necessitano e che nel momento del bisogno si rivolgeranno proprio a quelle aziende che saranno state loro vicine, che avranno soddisfatto la loro esigenza di sapere mediante contenuti di valore o con risposte fornite celermente, non solo utili in senso lato, ma realmente utilizzabili dal pubblico stesso.
Le aziende devono cambiare atteggiamento: la loro presenza online deve condurre ad un cambiamento di percezione da parte delle persone con le quali entra in contatto. Le aziende non possono più essere solamente un fornitore, ma devo adoperarsi per diventare risorse di valore, per giungere a farsi includere nella cerchia di fiducia dei propri clienti, conquistandoli e fidelizzandoli.

SEOciologist - Crossmedialità

La contrazione del fattore “Tempo”

Contenuti utili, utilizzabili, coinvolgenti ed emozionali, da fruire però velocemente: tutto si gioca in pochi attimi, pochi secondi a disposizione delle aziende per reagire ai commenti, fornire risposte e soluzioni. Occorre quindi presidiare i social media, monitorarli e captare segnali dal web, reagendo in real time.

Concludendo, esiste una regola universalmente valida per tutte le aziende?
No, non esiste: le aziende sono diverse l’una dall’altra; hanno storie diverse; hanno obiettivi diversi, hanno dei pubblici diversi, con interessi diversi, che utilizzano canali diversi in modo diverso. Ergo i principi e le tecniche social e digital vanno contestualizzate a ciascuna realtà aziendale e le Keywords sottolineate ancora una volta al Social Media Marketing Day per un piano strategico di narrazione digital restano:

  • ascoltare
  • pianificare
  • sperimentare!

per poi ricominciare nuovamente il ciclo.

SEOciologist_-_Storytelling4change_#SMMdayIT

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