L’effetto WOW applicato alla medicina narrativa

#Core

“I momenti delle verità”.

In un mondo dove prevale il concetto di fake news, di notizie volte a dare versioni parziali della realtà, una dichiarazione come “I momenti della verità” sembra essere scolpita nella roccia e di una certezza che fissa indelebilmente i fatti soprattutto quando si è in un contesto sanitario. In realtà si tratta di storie di vita di una delicatezza ed emozionalità profonda, raccontate attraverso brevi filmati del vissuto di malattia e di cura di persone malate di cancro, che focalizzano l’attenzione sul momento in cui il cancro è stato confermato tramite la visita oncologica e sui cambiamenti che la malattia ha portato con sé sia in ambito personale che relazionale. Sono video pregni di una valenza emotiva profonda e di una bellezza artistica tale da farci vivere le stesse emozioni che prova l’intervistato, di sentire “compassione, dal latino cum patitor – soffro con – e dal greco sym patheia – provare emozioni con -“ scrive il regista, Manuele Cecconello, così come emerge dal video Sergio Roncalli – Qui sas, qui sas, qui sas ….

#E-mozione

Sergio Roncalli medicina narrativa
Sergio Roncalli – Qui sas, qui sas, qui sas …

La temporanea sospensione della propria vita è il messaggio che ci trasmette il sig. Sergio Roncalli in questa video intervista che mi ha estremante commosso: sarà stato per l’intensità emotiva, per le riflessioni condivise, per la rievocazione di una persona a me particolarmente cara o per il candore della neve che cade alle spalle del malato e che avvolge tutto nel suo bianco manto silenzioso, come a racchiudere questo racconto in una dimensione sospesa nel tempo e nello spazio in attesa del rifiorire di vita nuova.

È il racconto di un uomo che ha vissuto intensamente un’esistenza ricca di interessi, come lo yoga e il massaggio, ai quali si è dedicato con passione, dapprima come allievo, poi mettendo questo suo dono completamente a disposizione degli altri, al punto da scegliere di lasciare quella che è sempre stata la sua professione.

Ora il sig. Roncalli sembra come nuotare in apnea: la sua malattia lo ha condotto a vivere in una situazione in cui non è morto, né vivo, un vuoto che si riempie di emozioni e sensazioni vissute in passato e che erano rimaste accantonate, impegnato com’era a vivere la sua vita.

“… Sento un mare di emozioni, di sensazioni che ti cadono addosso, vecchie magari di 30 anni, perché se uno è morto, è morto. Se è vivo, è vivo, ma quando vivi in una situazione in cui non sei né morto, né vivo, non è facile”.

La pausa di sospensione che segue queste affermazioni è pregna di rammarico e di dolore: è qui che la videocamera abbassa lo sguardo e si sposta rispettosamente a inquadrare il paesaggio al di fuori dalla finestra. La neve cade imperterrita e ignara dei drammi quotidiani delle nostre singole vite, e il racconto del sig. Roncalli ci porta sulle piste da sci, a quando era giovane e lavorava come battipista, condividendo con noi la sua passione per lo sci e quel piacere particolare che gli deriva dallo sciare in modo temerario nella tormenta, quando si diventa un tutt’uno con la neve perché ti si è appiccicata addosso.

Così i ricordi della vita passata, delle passioni che l’hanno contraddistinta lascia il posto a una sensazione di vuoto, di disorientamento, perché ha perso la propria identità e non ha più un’immagine interiore di se stesso: la sua vita è stata scossa profondamente e ora tutto è in cambiamento, in evoluzione; non c’è nulla di statico, ma tutto è dinamico e non ci si riesce ad abituare alla nuova vorticosa situazione. E in più non si sa dove si andrà a finire.

Una certezza e la speranza però affiorano dalle sue parole di chiusura: la certezza riguarda l’opportunità che gli è stata offerta tramite l’intervista di dare un senso e un significato a questa fase della sua vita grazie alla possibilità di raccontare e condividere la sua esperienza con altre persone. La speranza risiede nel desiderio di ritornare a dedicarsi alle sue passioni, lo sci, simbolo inconscio del ritorno alla vita e del recupero della propria identità: chi siamo noi, se non la nostra vita, fatta di azioni, pensieri, passioni ed emozioni?

Sciare passione neve
Photo credits: Johannes Langwieder, Unsplash

La retro ingegnerizzazione: come si costruisce un videoracconto di medicina narrativa.

#Format

Il progetto, come già raccontato nel post “Un progetto di Medicina Narrativa: l’e-mozione del Dipartimento di Oncologia di Biella” nasce dall’esigenza di far conoscere un reparto ospedaliero, quello oncologico, che nell’immaginario collettivo è caratterizzato dall’essere fortemente connesso al dolore e alla morte, dove le cure e i processi sono in grado di smuovere paure recondite in noi. I mezzi utilizzati per narrarlo ricoprono un vasto ecosistema mediatico che spazia dal testo cartaceo, agli incontri formativi, a un portale web che, come un forziere, contiene al suo interno un webdocumentario, “I momenti delle verità e delle decisioni”.

Il webdoc: “I momenti delle verità e delle decisioni”

Il webdoc è un format interattivo, che consente di scegliere quali videointerviste fruire in base ai propri specifici interessi, alle proprie sensazioni. Si può pertanto entrare nel reparto oncologico di Biella utilizzando la prospettiva che cattura di più la nostra attenzione, scegliendo tra quella del personale ospedaliero o quella dei pazienti, esplorando i vari contenuti offerti dalla piattaforma secondo un proprio percorso personale e con i propri tempi.

L’innovatività del progetto di medicina narrativa ha comportato l’adozione di un approccio sperimentale, scrive il regista, Manuele Cecconello al cap. 8 del libro “Le verità e le decisioni” di V. Alastra che ci illumina sul progetto: la letteratura in materia è circoscritta a esperienze di una rarità e differenziazione rispetto a questo progetto tali da non poterle considerare fonti utili per attingere modelli espressivi, poiché in un caso si focalizzano su come le persone affrontano la morte, in un altro sull’organizzazione dei servizi di assistenza sanitaria e, ancora, sul confronto dialettico tra due malati in merito alla loro esperienza di malattia.

Il progetto “Momenti di verità” va ben oltre i progetti e gli obiettivi che si ponevano queste fonti, soddisfacendo in modo solo parziale le attese a cui ambisce questo progetto orientato com’è dalla “Bussola dei Valori” della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, un modello culturale di riferimento per gli operatori sanitari, che ne allinea le prassi, i modelli organizzativi, le procedure operative, di conseguenza i comportamenti, espressione concreta delle procedure codificate.

#Setting

Diversi sono i setting nei quali sono stati girati i videoracconti, spaziando dalla stanza d’ospedale, agli studi dei medici, fino a dentro le case dei malati.

Le difficoltà riscontrate riguardavano la delicata questione di non voler violare la privacy dei pazienti e degli operatori e di non intralciare le attività di cura del reparto, da un lato, ma anche la necessità di cogliere l’emotività e la delicatezza del contesto, di parlare del cancro rispettando la dignità delle persone malate. È stato proprio grazie al fatto che si tratta di un modello narrativo co-generato, pertanto condiviso e abbracciato a livello personale dagli operatori sanitari appartenenti alla Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, che il personale medico è riuscito a collaborare con il regista, Manuele Cecconello, individuando con lui le migliori prospettive da esplorare e sulle quali focalizzare l’obiettivo, come la relazione che si instaura tra il personale ospedaliero e i pazienti, il loro agire quotidiano in Ospedale, la condivisione dei vissuti, il sistema valoriale, ma anche la frustrazione che consegue alle procedure burocratiche da ottemperare, o la difficoltà a conciliare la vita professionale con quella familiare, ecc…

Nunzia di Massimo, infermiera presso il reparto di Oncologia di Biella

#Metodologia

L’approccio scelto per narrare gli scorci di una giornata lavorativa degli operatori sanitari è stato quello etnografico di osservatore non partecipe, il metodo shadowing, dove il cameramen ha seguito come un’ombra silenziosa il personale, catturando con il proprio obiettivo le emozioni, l’umanità di un ambiente che nell’immaginario comune è freddo e asettico, da temere.

Dal punto di vista metodologico, ciascun operatore sanitario è stato affiancato dal videomaker per un turno e mezzo; per una miglior qualità del format finale, l’operatore era stato dotato di microfono e i pazienti venivano debitamente informati della registrazione in corso, per poter consentire loro di scegliere se partecipare al progetto oppure no, pur non venendo mai ripresi in volto. Sono dunque le voci registrate delle persone che interagiscono con quello specifico professionista la cui giornata è oggetto di indagine, che ci accompagnano nel reparto di oncologia, ci familiarizzano con la routine quotidiana di questo ambiente ospedaliero, ma lo fanno in modo lieve, come se vi entrassimo in punta di piedi, senza disturbare, potendo, nonostante questo, assorbire l’intensità emotiva di cui è impregnato l’ambiente stesso.

I pazienti, invece, sono stati prima invitati a partecipare dal proprio oncologo di riferimento e, in seguito alla loro dimostrata disponibilità, sono stati selezionati in base ad alcuni parametri, come lo stato di salute, la fase della terapia, ecc…  Il progetto è stato accolto molto calorosamente, al punto che numerosi pazienti avrebbero voluto lasciare una testimonianza della loro esperienza di malattia, un “mandato” per altre persone che avrebbero seguito il loro percorso.

Le interviste sono state realizzate sia in ospedale, che presso le case dei pazienti, ma anche nei luoghi specifici della cura, come durante una seduta di chemioterapia, in base alla preferenza espressa dall’intervistato. L’intervista, guidata da un’esperta, indaga rispettosamente nell’esperienza di malattia del paziente, dalla scoperta del problema, al “momento della verità”, quando il cancro è stato confermato tramite la visita oncologica, ai cambiamenti che la malattia ha portato con sé sia in ambito personale che relazionale.

#Conclusioni

Le video interviste che costituiscono questo progetto di medicina narrativa raggiungono il loro obiettivo di cambiamento sociale: da un lato abbattono quel muro di paura che involontariamente costruiamo dentro di noi di fronte a ciò che non conosciamo, presentandoci le prassi quotidiane, le attività che si svolgono entro il reparto oncologico dell’Ospedale di Biella, la cura che i medici e il personale ospedaliero pongono nei confronti dei malati, senza scadere in banalità, grazie a inquadrature sorprendenti.

Dall’altro lato il racconto dei pazienti smuove emozioni dentro di noi, ci sprona a riflettere sulla nostra vita mentre ascoltiamo il loro racconto di malattia; ci consente di rifletterci nella loro storia, riuscendo a dare senso alla nostra, ma ci riempie anche di bellezza e di speranza.

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