Big Data, AI e healthcare: il racconto del Policlinico Gemelli

Pensa all’ultima volta che sei stata/o da un medico specialista per una visita di controllo in ospedale. Arrivi con gli incartamenti dei tuoi esami più recenti e di quelli passati, ti accomodi e attendi il tuo turno, in trepidante attesa del responso medico al tuo problema.

La prospettiva da cui solitamente partiamo per visualizzare la scena è egocentrica, nel senso che poniamo noi stessi al centro della visione e attorno a noi ruota il resto del mondo.

Proviamo però a cambiare prospettiva e a calarci nei panni del medico, la persona seduta oltre quella scrivania. Wow: ciò che si vede dal suo punto di vista è che gli hanno fissato quattro appuntamenti in un’ora, per cinque ore di seguito, che significa che può prestare la propria attenzione per soli quindici minuti a ciascun paziente. Deve visitarlo, valutare gli esiti degli esami, considerare gli esami precedenti, considerare altri fattori intervenienti, valutare altre casistiche analoghe, per poter effettuare una diagnosi e individuare un’eventuale terapia, la più adatta per quello specifico paziente e tale da non interagire negativamente con altre cure farmacologiche alle quali è magari già sottoposto: dovrebbe avere una visione olistica del paziente.

Tutto questo in pochi minuti e non certo per mancanza di volontà del professionista in camice bianco. Naturalmente questa frenesia decisionale a cui è sottoposto il medico deve essere moltiplicata per venti.

Si intuisce facilmente la delicatezza del momento e la complessità del fenomeno, oltre la pressione a cui il medico è sottoposto per il timore di commettere involontariamente un errore, nonostante l’esperienza acquisita, l’attenzione e la passione posta nel curare i malati.


Ma come possono essere coadiuvati i medici?

Sicuramente con il supporto dei Big Data e l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, il cui contributo può avvenire su molteplici livelli, come ad esempio monitorando lo stato di salute di un malato, riuscendo a prevedere il sopraggiungere di particolari criticità e a reagire tempestivamente, oppure raccogliendo e analizzando dati provenienti da fonti diverse, in modo da estrapolare informazioni utili che fungono poi da valido supporto nei processi decisionali strategici per la salute e per la vita delle persone.

A tal fine ho raccolto la testimonianza del Professor Vincenzo Valentini, Radioterapista Oncologo e Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica e Ematologia del Policlinico Gemelli, che ho avuto il piacere di intervistare in occasione del SAS Forum 2019, “Shape the new – orchestrate your analytics journey”, un titolo molto adatto a indicare l’attuale utilizzo dei big data in ambito medico, soprattutto in Italia, un settore ancora poco esplorato, rispetto ad altri, quale il settore bancario, quello assicurativo o quello industriale.

#Story

Il racconto dei Big Data nelle corsie del Policlinico Gemelli trova la propria espressività nel “Gemelli Generator”, un progetto che mira a utilizzare tutta quella massa di dati presenti nei diversi database, come le Cartelle cliniche elettroniche, i Registri di patologia, i Registri di monitoraggio dei farmaci, i Database amministrativi, ecc…, al fine di costruirne degli algoritmi per curare meglio i malati e per offrire delle cure personalizzate, trasformando quelle che sono delle semplici informazioni granulari (si pensi ad esempio anche solo a tutti i valori ematici rilevati da un’azienda ospedaliera anche solo in un breve arco temporale come è un anno) in un sistema organizzato di dati dai quali trarre informazioni utili per i medici per individuare le cure migliori per ogni singola persona.

“Il progetto non riguarda solo i dati variabili presenti nel database riferisce il Prof. Valentini -; il progetto mira anche a tracciare il comportamento del medico, il perché, date le informazioni che il medico aveva davanti, si è comportato in un certo modo”. Il processo di raccolta e sistematizzazione dei dati che mira a ottenere degli output immediatamente intellegibili per il medico è stato reso possibile grazie allo sviluppo tecnologico, all’esistenza di strumenti e prodotti analitici in grado di leggere le diarie e i referti, di includere nell’analisi i dati puntuali e quelli comportamentali, oltre che alla presenza di calcolatori sempre più potenti e di dimensioni sempre più ridotte.


#Perché supportare i medici con i dati?

“Adesso [noi medici] abbiamo difronte a noi un volume di informazioni dietro ogni singolo paziente che ci disorienta. E non solo. Infatti noi medici siamo sottoposti ad aspetti procedurali da rispettare talmente pressanti che ci intimoriscono: si finisce per non mettersi in gioco sui dati che si acquisiscono e disperatamente si va a cercare un predittore prioritario vincente al quale agganciare le proprie decisioni. La potenzialità degli analytics sta proprio nel raccogliere informazioni e aggregarle, rendendole predittive di esiti futuri e questo ha aperto una filiera di credito nel mondo delle tecnologie di supporto alla decisione clinica” riferisce il Prof. Valentini.


#I benefici che derivano dall’uso dei Big Data sono plurimi

Il beneficio è sia per i medici che per i pazienti: più un medico sa performare, più il paziente riceve una cura migliore. Ad esempio se il paziente deve fare una terapia oncologica, spesso utilizziamo espressioni tipo «questo paziente è malmesso per cui questa terapia non gliela faccio». Si tratta di un’affermazione grossolana, ma in mezzo ci sono tanti testi di fragilità e di sopportabilità. Ma abbiamo una consuetudine a fare questi test e quanto possiamo credere a questi test? Il test della fragilità mi dice che una persona sopporta la cura, ma nel momento in cui dobbiamo fare questa scelta occorre tenere in considerazione che l’avere queste informazioni disponibili è un onere di tempo non marginale per tutta la filiera sanitaria. E quando tu nel tuo tempario hai 12 minuti di visita e ti collocano le 5 visite ora, ecco che le sfaccettature e i benefici che derivano dall’utilizzo dei Big Data sono molteplici, se uno riesce a metterli a sistema. Sicuramente per l’ecosistema i vantaggi sono molteplici. Infatti se faccio degli interventi troppo aggressivi o poco aggressivi su persone che non le possono sopportare, si creerebbero delle complessità”.


#Gli antagonisti: la necessità di ridefinire la professione del medico

Le modalità di reazione sono molteplici e diverse, in parte legate all’età professionale, al ruolo che le persone hanno, ma anche in base ai contesti lavorativi nei quali ci troviamo a vivere questa innovazione. Quando l’AI viene introdotta nel mondo delle filiere tecnologiche è molto ben accettata, perché le performance che le macchine hanno consentito di migliorare è ben accettata, come ad esempio la qualità dell’imaging nella radioterapia, o la possibilità di lavorare su tecnologie miniaturizzate, oppure la possibilità di sequenziazione dei diversi domini biomici. C’è invece una resistenza maggiore quando le varie sfaccettature dell’AI vanno a sfidare le capacità decisionali dei medici, perché qui tocchiamo una sensibilità e una responsabilità che sono chiaramente molto importanti, dal momento che alla fine, sono io medico che vengo ad avere il carico morale, etico e legale di una scelta, quindi non sarà poi il modello predittivo di supporto alla decisione a sentire il peso che qualcosa è andato male con il paziente o a supportare il percorso assicurativo di risarcimento che dovrò andare a rimborsare. C’è dunque un problema di legacy, «di chi è in carico di»”.

“Abbiamo infine da dire sotto la veste di prodotti tecnologici l’industria osserva il comportamento del medico e va a tracciare, a volte in modo non trasparente, quello che è il comportamento clinico che il medico fa, per poi arrivare, tramite un approccio di training di simulazione dei comportamenti medici, a impossessarsi del grande patrimonio del medico e che è determinato dai suoi anni di esperienza. Quindi in maniera un po’ ignara, accettando l’uso di tecnologie che da un lato lo facilitano nel suo processo decisionale e dall’altro ne tracciano i comportamenti, il medico finisce per alimentare proprio quello di cui ha paura, cioè una delega a terzi. Si pone dunque il problema del ruolo professionale: se verrò sostituito da un «robottino», dove finisce la mia identità professionale. Queste sono le punte estreme, in mezzo alle quali si collocano tantissime sfumature diverse di grigio”.

Per quanto riguarda specificatamente il Gemelli Generator, invece il Prof. Valentini riferisce che “ora siamo talmente all’inizio che il progetto sta crescendo in modo lineare; c’è volontà; c’è sinergia, per cui sono positivo”.


#Tesori futuri

Il futuro dell’utilizzo dei Big Data all’interno del sistema sanitario italiano “lo vedo come un grande mosaico, dove ci sono persone che stanno già selezionando le pietre e alcuni le tanno già posizionando. Il tema è che bisognerà essere così creativi da recuperare una visione artistica armonica, perché ora si sta partendo in modo poco coordinato e pianificato. L’aspetto positivo è che c’è gente che si mette in gioco; l’aspetto negativo è che manca una visione di sistema complessiva reale e concreta. Però le unità monastiche che stanno partendo stanno facendo bene. Arriverà il momento in cui sapranno unirsi a formare un sistema”.


#I nuovi sbocchi professionali

Si assiste alla possibile nascita di nuove figure professionali, auspicata e invocata dal Prof. Valentini: “Ho profilato come termine «medico della conoscenza» e «ingegnere della conoscenza», perché questo modello in ambito sanitario, che contempla il come raccogliere i dati, classificarli, modellizzarli e validarli, richiede una formazione particolare in grado di rispondere in maniera olistica alle esigenze del paziente e richiede competenze diverse fin dall’inizio nella progettazione. In Italia non abbiamo ancora molte scuole (a mia conoscenza) in grado di formare in questo settore. È un’esperienza che va ancora esplorata”.

#Concludendo

I Big Data e l’Intelligenza Artificiale, in grado di elaborare una mole elevata di dati provenienti da fonti diverse e di prevedere scenari futuri possibili, non possono che facilitare e supportare i medici nell’espletare la loro missione. Rappresentano dunque una grande opportunità, anche se la loro applicazione al settore medico è ancora pionieristica: siamo pertanto immersi in una fase di transizione caratterizzata da un futuro luminoso, ma nel quale si prospettano alcune problematiche che andranno affrontate, come quelle in termini di legacity, di protezione dei dati, ma anche di possibilità di attingere e congiungere dati provenienti da diversi database, ma soprattutto, occorre formare e preparare adeguatamente le nuove figure professionali.


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