Analisi dello Storytelling: come e quanto se ne parla nel web?

Storytelling ….
Quando ho approcciato per la prima volta questa disciplina, nell’ottobre del 2012, era un argomento conosciuto solo a una cerchia ristretta di persone, soprattutto per quanto concerneva i diversi possibili ambiti di applicazione.
Pertanto la prima immagine che ho inconsciamente associato a questo termine era quella di un vicolo buio, avvolto in quella nebbiolina che parla di mistero. Con il trascorrere del tempo, però, addentrandomi in questa arte, le nebbie si sono dissipate lasciando posto ad un mondo completamente diverso, limpido, dai colori brillanti e denso di particolari, un mondo da conoscere approfonditamente, che offre tantissime opportunità e che sottende una minuziosa progettazione. Un mondo magico, affascinante, del quale ci si può innamorare perdutamente.
Guardandomi intorno, però ho avvertito tanto rumore, un brusio di voci a volte fastidioso, che sembra provenire soprattutto da quella zona d’ombra, ancora avvolta nella nebbia.

Mi sono dunque posta in ascolto ed ecco quanto si percepisce.

www.seociologist.com - Storytelling Gif
Si clicchi su questa “immagine” come per magia si aprirà una GIF animata

Innanzitutto, si distingue la voce di chi è alla ricerca di informazioni sullo storytelling: 8.150 italiani, in media, che da settembre a dicembre 2015 ogni mese hanno chiesto a Google contenuti su questo argomento, soprattutto attraverso il computer (per il 69% dei casi, rispetto al 24% che si è avvalso di un dispositivo mobile e il 7% di un tablet). Si tratta dunque di una ricerca tendenzialmente più stanziale, per contenuti che hanno bisogno di tempo per essere approfonditi e studiati minuziosamente.

www.seociologist.com - Ricerca di storytelling su Google

Le parole più invocate in Italia e richieste al motore di ricerca sono storytelling (senza ulteriori vocaboli a specificare meglio la ricerca), ma anche storyteller (ossia colui che racconta le storie), digital storytelling, visual storytelling, storytelling marketing, corporare storytelling e transmedia storytelling. Parte delle query, invece, è destinata alla ricerca del racconto di vere e proprie storie (short stories e telling stories).
Come un’eco, il web risponde a questa chiamata offrendo 50.400.000 risultati, di cui 653.000 solo in Italia: un volume di contenuti che trattano di “storytelling”, sotto forma di testi, immagini, video, siti … ognuno dei quali offre alcune informazioni su questo tema, che contribuiscono ad arricchire di dettagli il quadro che ne emerge.

Volendo rappresentare graficamente la relazione tra il volume di ricerca delle principali parole relative allo storytelling e il volume dei risultati restituiti da Google alla query effettuata, si ottiene un grafico come quello qui di seguito riportato: i volumi sono stati standardizzati per tener conto del diverso ordine di grandezza in termini di ricerca e di contenuti e ricondotti, successivamente, su una scala da 0 a 100, dove 0 (fittizio) coincide con la ricerca e i contenuti relativi a “Transmedia storytelling”, mentre 100 a “Storytelling”. Questo vocabolo, essendo così ricercato e utilizzato come keywords per il posizionamento di un’infinità di documenti, costituisce quello che in statistica viene definito punto anomalo: è stato pertanto forzatamente ricondotto entro l’area del grafico, al fine di avere una visualizzazione che consentisse di distinguere chiaramente tutti i dati ed esaustiva.

Grafico Keyword per contenuti
Il grafico rivela la presenza di alcune nuvole di punti: al di sopra della linea che congiunge i due estremi della scala, si individua un’area caratterizzata da una notevole offerta di contenuti a fronte di una ricerca giornaliera moderata, ossia

  • 447.000 risultati, con 13 ricerche in media, giornaliere, per “short stories”
  • 384.000 risultati per 9 query giornaliere per “storytelling marketing”.

Le voci “storyteller” e “digital storytelling” vengono ricercate (in media) rispettivamente 34 e 24 volte al giorno: in risposta si hanno, rispettivamente, 208.000 e 166.000 risultati.

Post, immagini, video, infografiche ecc… si tratta dunque di una quantità enorme di contenuti che verte intorno al tema della narrazione, dello storytelling, diventano contemporaneamente oggetto di condivisioni e di conversazione sui social network: nel solo periodo che va dal primo settembre fino al 22 dicembre 2015 sono state rilevate 10.358 conversazioni in italiano attorno a due specifiche keyword “Storytelling” e “story telling”: si tratta, in media, di 91 conversazioni al giorno, di cui il 56% è costituito da Tweet e da post su blog, in eguale percentuale; seguono poi news e immagini su Instagram. Facebook, naturalmente, ospita apparentemente un’esigua percentuale di conversazioni su questo tema, pari al 3%. Il valore contenuto è attribuibile esclusivamente alle restrittive impostazioni di privacy dei profili, che consente ai crawler di analizzare solo le conversazione rese pubbliche, non soggette a limitazioni di privacy.

www.seociologist.com - Conversazioni sul web per storytelling

Le parole più utilizzate per conversare in rete sul tema della narrazione, sono raccontare, progettare e digitare, ma anche Twitter, Instagram e Facebook, vocaboli che indicano come l’arte della narrazione si sia notevolmente diffusa proprio a causa (e grazie) alla diffusione dei social network.

Volendo segmentare i documenti per clusterizzare gli argomenti trattati (attraverso l’utilizzo di un software apposito e utilizzando un modello basato sulla “co-occurrence”, che si ha quando 2 parole o 2 categorie appaiono nello stesso caso) e circoscrivendo l’estrazione a 10 topics si ottengono dei risultati interessanti, alcuni pertinenti con il tema oggetto d’analisi, altri meno.

Marketing_narrativo_-_cloud_3
Il primo cluster attiene al marketing narrativo, ossia all’applicazione dello storytelling al marketing, con l’obiettivo di creare con i propri clienti un dialogo, seguendo una strategia ben progettata e declinata su piattaforme diverse. Le parole chiave che appartengono a questo fattore sono brand, marketing, comunicazione, clienti, utenti, strategia, campagne, target, contenuti, canali, prodotti, media, web, piattaforma, agenzia.

Un altro cluster riguarda lo storytelling utilizzato nelle scuole, dove emergono prevalentemente due tematiche: da un lato l’impiego di queste tecniche nei percorsi didattici seguiti dagli studenti; dall’altro il vocabolo viene associato a contest, che vedono coinvolti gli studenti nella narrazione (dal loro punto di vista) di un tema specifico. Sempre in ambito educativo, ma più attinente alla formazione, emerge una nuvola di parole fluttuanti intono al brand Ninja Academy, che nel mese di ottobre 2015 promuoveva il Corso Online in Corporate Storytelling e quello di Storytelling LAB.

Storytelling scuole

Gli altri topics riguardano soprattutto racconti specifici di prodotti o brand che hanno utilizzato le tecniche narrative nel comunicare con la loro audience, oppure eventi nati intorno a questo argomento, che hanno trovato nei social network un’ampia cassa di risonanza. Un primo esempio è EniDay, una piattaforma promossa da ENI, dedicata alle nuove frontiere dell’energia e dello sviluppo sostenibile. Marco Bardazzi, l’attuale direttore della comunicazione esterna di Eni, individua nella volontà di appropriarsi del proprio racconto, di raccontarsi in prima persona adottando una strategia basata sui contenuti, la scintilla che ha portato alla creazione di questo magazine online e a modificare la veste grafica dei social network, per una coerenza nel racconto di brand.

Un altro cluster gravita intorno al BTO – Buy Tourism Online –, la manifestazione di riferimento per il settore del turismo 2.0, che si è svolta a Firenze all’inizio di dicembre e che è stata un’ulteriore occasione per parlare di storytelling come tecnica narrativa applicata a questo settore, al fine di progettare e migliorare la qualità dell’esperienza che un turista fa durante un viaggio.

Un convegno a Bari e uno tenutosi nel Castello di Acaja, in provincia di Lecce, testimoniano, invece l’uso inappropriato, del vocabolo storytelling: l’evento a cui ci si riferisce nel secondo caso ha un titolo accattivante, ma il successivo sviluppo dei contenuti sembra portare solo ad un confronto verbale, ad un convegno che vede coinvolti alcuni relatori istituzionali intorno al tema “Le destinazioni sono storie da raccontare”. Perché dunque, in questo caso, non utilizzare un termine più appropriato, magari meno di moda, ma sicuramente più mirato ai contenuti (per quanto interessanti fossero stati) e al format adottato, che prevedeva un utilizzo sapiente di testimonianze verbali, alternate ad esperienze di altro genere, come la visita ad una mostra, la presentazione di un libro e di un documentario?
Lo stesso vale per lo “storytelling” del Grande Fratello e del nuovo sito di Pirelli, che riunisce in un’unica piattaforma i diversi volti del brand e che concorrono a costituire la sua storia presentata con un’interfaccia da ‘giornale digitale’, più immersiva per il sito del Calendario Pirelli.

Il cluster di contenuti che gravitava intorno a Glocalnews, il festival del giornalismo digitale (che si è tenuto a Varese, nel novembre 2015), invece, indica come questo evento sia stato un’occasione per esplorare i diversi format narrativi utilizzabili dal giornalismo locali sulle piattaforme digitali.

Teletopi 2

Infine, un raggruppamento di contenuti molto interessante anche e soprattutto per i progetti coinvolti che utilizzano le tecniche narrative (e che costituiscono essi stessi dei casi dai quali trarre ispirazione per racconti aziendali e non) è quello relativo ai Teletopi, il premio conferito ai migliori videostorytelling, in occasione di un evento, che si è tenuto l’11 dicembre 2015 all’Università di Bologna.
Tra le parole che troviamo in questa cluster vi è “amore”, da cui traspare tutta la passione che emerge da questi progetti narrativi, i cui vincitori (ognuno di essi ha un’interessante storia da esplorare) sono stati:

  • Peninsula Talks il miglior brand videostorytelling: si tratta di una rivista interattiva pensata per raccogliere le storie di persone in grado di reinventare il Made in Italy attraverso percorsi insoliti di professionisti, artigiani e pensatori che con creatività e ingegno sono riusciti a ridisegnare i confini di una nuova italianità
  • Rockin’1000 il miglior community videostorytelling: il progetto è incentrato sul sogno di Fabio Zaffagnini di convincere i Foo Fighters a fare un concerto nella cità in cui vive, Cesena. Un sogno divenuto realtà, grazie alla sua caparbietà e al desiderio di non darsi per vinto: ispirato dal racconto di un film “School of Rock”, Fabio ha reclutato 1.000 musicisti per suonare all’unisono la canzone “Learn to Fly” della band statunitense, impressionarla favorevolmente al punto da strapparle la promessa di organizzare un concerto a Cesena.
  • Status, una webseries che ha vinto il premio della giuria come miglior social videostorytelling parlando del cambiamento intercorso nel personaggio
  • La Resistenza di Norma – il coraggio della libertà ha ottenuto il premio come miglior news videostorytelling: racconta la storia di Norma Parenti uccisa nel giugno del 1944 dai nazifascisti a soli 23 anni, che si è guadagnata la medaglia d’oro al valore militare: una giovane partigiana, madre di un bambino di soli 6 mesi e moglie di un marito costretto a darsi alla macchia, “Certe storie non si rassegnano all’oblio, emergono ostinate tra vecchie carte e racconti….”.

Anche le menzioni speciali sono in grado di far vibrare il cuore, come ad esempio Telethon con #AndareLontano, un bellissimo video, che parla al cuore di genitori impegnati nel compito difficile di preparare i propri figli alla vita fino a quando saranno pronti per seguire la loro strada: e allora non potranno più difenderli e proteggerli. Un messaggio volto ai genitori il primo giorno di scuola, nel quale si intravedono bambini, ognuno con una propria storia unica, ma pronti ad affrontare il mondo con il sorriso che contraddistingue la serena speranza di queste giovani vite.

Un’altra menzione speciale è andata al progetto digitale iMILANESIsiamoNOI, un mosaico di storie di milanesi, oriundi o adottati, di personaggi famosi e di persone per nulla famose, attraverso cui conoscere meglio Milano, anche attraverso foto, indirizzi, suggerimenti e altro che ruotano intorno alla città.
L’ultima menzione ci proietta in un universo stellare, tramite Avamposto 42, il racconto dei quella che sarebbe stata la missione di Samantha Cristoforetti.

L’analisi condotta è solo una fotografia scattata alle conversazioni avvenute sul web in un arco temporale ben delimitato, di soli 4 mesi: si tratta dunque solo di un’estrapolazione di tutte le conversazioni che avvengono e che sono avvenute su questo tema da quando questa disciplina è stata introdotta in Italia. L’analisi ha intenzionalmente trascurato le conversazioni offline, impossibili da monitorare in modo esaustivo, se non quando il loro eco risuona nel web.

Se l’analisi evidenzia dunque l’esistenza di tanti contenuti che trattano di storytelling da settembre a dicembre 2015, mette in evidenza anche un rumore di fondo distorto, un uso improprio dell’hashtag “storytelling” e la scarsa visibilità sui social network di tanti altri contenuti che utilizzano veramente le tecniche narrative (come ad esempio il Corporate Storytelling Forum, la rassegna dei nuovi format per raccontare i brand che si è tenuta a Milano nell’ottobre del 2015): questi contenuti, poco spinti da chi tweetta di professione o dagli influencer con un largo seguito di follower rientrano solo marginalmente nelle conversazioni intessute nel web, cadendo nella zona d’ombra e perdendo di visibilità, in quanto poco condivise. Ne consegue che tanti format narrativi e progetti che sono stati realizzati avvalendosi dello storytelling sono rimasti, spesso anche per scelta di chi li ha creati, dietro le quinte, lasciando le luci della ribalta (del palcoscenico del web) a tutti quei post, commenti, tweet e immagini che si fregiano in modo improprio dell’hashtag #storytelling, ormai divenuto di moda, al solo scopo di posizionare sui motori di ricerca alcuni contenuti o concetti. E ancora. Il concetto di storytelling, oltre ad essere distorto, viene anche violato nella sua essenza più pura da chi lo utilizza in modo dispregiativo, soprattutto in politica, dove “lo storytelling di Renzi” è sinonimo di promesse politiche vacue e inconcludenti.

Cosa fare dunque? Sicuramente occorrerebbe un uso più consapevole della parola “storytelling”, con una scelta di vocaboli più idonei a rappresentare quel particolare concetto che si vuole esprimere e, da parte di chi si occupa veramente di narrazione e storytelling, un’opera di evangelizzazione più incisiva ed efficace, da realizzarsi anche tramite i social network: tanti sono gli storyteller italiani, che hanno contribuito a diffondere in Italia questa disciplina applicandola ad ambiti diversi, che lavorano per progettare storie, realizzare prodotti narrativi in grado di far provare esperienze talmente coinvolgenti da indurre il pubblico a cambiare: strateghi professionisti, seri e preparati, con un’esperienza consolidata alle spalle, talmente impegnati ad architettare nuove storie da non avere tempo da dedicare al web.
Ma li scoveremo: cercheremo di sentire la loro voce, anche qui sul web, e quanto hanno da insegnarci sull’arte dello storytelling.

Simona

4 thoughts on “Analisi dello Storytelling: come e quanto se ne parla nel web?

  1. Ciao Simona, complimenti: ottimo post ricco di spunti di riflessione. E’ davvero raro trovare analisi così approfondite e realizzate “con metodo”, soprattutto su un argomento di frontiera come lo Storytelling. Adottata! 😉 #adotta1blogger

  2. Simona, sei bravissima, dal tuo post si respirano conoscenze e approfondimenti di non poco conto. Sarebbe bello e opportuno sentirti parlarne, sono sicuro che “rapiresti” l’ attenzione dei tuoi interlocutori.
    Complimenti vivissimi !

    1. Grazie Fausto, ma mi vengono meglio le parole scritte: a volte, infatti, inciampo nelle parole quando escono dalle labbra 🙂

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